1 dicembre 2011

Napoli, una lezione per essere grande

Chi è causa del suo male pianga se stesso. Un antico detto più che appropriato per il Napoli di Mazzarri, che deve ancora imparare a non lapidare un vantaggio quando lo si conquista. Anzi un doppio vantaggio, che diventa più grande se sulla bilancia viene pesato quel macigno di rimorso dal dischetto, fardello sulla coscienza e piombato in picchiata sulla testa di Marek Hamsik come a voler rammentare allo slovacco l'immutabile legge di gravità. Un rigore, nel caso dell'intervento di Pirlo sacrosanto per regole calcistiche e manna dal cielo dal punto di vista morale, non andrebbe mai sprecato. Se poi l'avversario è la Vecchia Signora, che entra al San Paolo da capolista, il dovere e l'onere si quadruplicano quando si parte dagli undici metri. Ciò che è fatto non può essere cambiato, ma quello che sarà in futuro solo il Napoli potrà deciderlo.


La fortuna e la sfortuna, infatti, sono solo una serie di coincidenze legate al caso e alla condizione in cui ci si trova. Mentre si torna a Castel Volturno, continuando a lavorare su addominali e resistenza con la mente sempre verso il bianconero, non bisogna dimenticare che il prossimo impegno si chiama Lecce. I pugliesi sono una nuova sessione d'esami contro le cosiddette piccole, che quando affrontano le cosiddette grandi riescono a far tremare anche gli squadroni. La differenza tra grande e piccola, non a caso, è fatta da piccoli ma decisivi dettagli: la mentalità vincente e la costanza di rendimento. Ragion per cui la classe degli allievi azzurri, sul manto verde di Caserta, dovranno ripassare i due teoremi con i tifosi partenopei che sperano vengano applicati alla perfezione nel corso dei novanta minuti di gioco. Il destino, però, ha sempre il senso dell'umorismo e non gradisce fornire sfide facili alle compagini di quello sport che da un secolo affascina tutti e si chiama calcio. Sono tanti, anche troppi, i giocatori non ancora al massimo della condizione atletica. A cominciare dal roccioso mediano Gargano, che per attaccamento alla maglia e orgoglio di guerriero ha stretto i denti contro la Juventus. Il male peggiore, in questo momento, è senza ombra di dubbio l'infortunio ad Edinson Cavani.


Il Matador continua la sua partita contro il dolore, non è la prima volta e probabilmente non sarà l'ultima in stagione, ma la profonda ferita alla gamba arreca inevitabilmente profondi dubbi ad allenatore e tifosi. Nessuno vorrebbe mai perdere una macchina da gol come il sudamericano. E quì subentra un certo Goran Pandev. Nato sui campi macedoni e svezzato in Italia con esposione nella Lazio. Quel Pandev biancoceleste sembrava solo un lontano parente di quello che era entrato, all'ultimo istante dello scorso mercato, nelle fila del tecnico toscano. Sarà stata forse l'emozione della grande sfida, il ruggito del San Paolo o la voglia di tornare a gioire per il gol. Sta di fatto che adesso il Napoli può dire di aver comprato il vero Goran Pandev. Due reti a Gianluigi Buffon, doveroso aggiungere di pregevole fattura, sono una seria ipoteca per la scelta del prossimo titolare contro i giallorossi.


A un attaccante così è difficile negare il posto, ma continuando bene la stagione non è detto che Pandev debba essere necessariamente il vice Cavani. Prima di sognare un attacco stellare, con quattro tenori a suonare capolavori sportivi, bisogna attendere che la mannaia dell'infortunio si sazi di mietere calciatori napoletani. Intanto bisogna rammentare che non di solo campionato vive il Napoli che fa gonfiare di gioia il cuore dei partenopei. Dopo il Lecce c'è ancora la coppa infrasettimanale, quella che non tutte le grandi della serie A possono vantare o eventualmente rimpiangere. Mercoledì prossimo, al Madrigal, gli azzurri si giocheranno la qualificazione agli ottavi di Champions League con circa 2000 tifosi al seguito. Come è avvenuto in passato nel cantiere di Castelvolturno Mazzarri dovrà costruire altri siluri azzurri nella speranza che uno di loro riesca ad affondare, ancora una volta, il sottomarino giallo. Tra infortuni, appuntamenti e temibili avversari quello che non si fa scrupoli alla fine è uno solo. Il tempo che scorre e avvicina la prossima gara.

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