Le origini del calcio a Napoli risalgono al lontano 1904, quando l’inglese William Poths, impiegato nella sede napoletana della Cunard Line, deciso ad importare nel capoluogo partenopeo il popolare football e coadiuvato da soci locali come l’ingegnere Emilio Anatra ed Ernesto Bruschini, fondò il Naples Foot-Ball & Cricket Club
la prima vera rappresentativa calcistica cittadina, che nel 1906 prese il nome di Naples Foot-Ball Club con Amedeo Salsi presidente. I colori sociali erano il blu ed il celeste a strisce e la prima partita di rilievo fu disputata contro l’equipaggio della nave inglese Arabik, che in precedenza aveva sconfitto anche il blasonato Genoa, con il Naples che si impose per 3-2. Fino al 1912 al sodalizio partenopeo venne preclusa la partecipazione al campionato nazionale, al quale erano iscritte solo le società del nord Italia. In quell’anno la F.I.G.C. optò per l’ammissione delle squadre del centro-sud alla Prima Categoria, l’allora massimo livello del calcio italiano. Una serie di scissioni e di fusioni portò alla creazione di diverse squadre cittadine, nessuna delle quali riuscì mai a superare le eliminatorie meridionali.
la prima vera rappresentativa calcistica cittadina, che nel 1906 prese il nome di Naples Foot-Ball Club con Amedeo Salsi presidente. I colori sociali erano il blu ed il celeste a strisce e la prima partita di rilievo fu disputata contro l’equipaggio della nave inglese Arabik, che in precedenza aveva sconfitto anche il blasonato Genoa, con il Naples che si impose per 3-2. Fino al 1912 al sodalizio partenopeo venne preclusa la partecipazione al campionato nazionale, al quale erano iscritte solo le società del nord Italia. In quell’anno la F.I.G.C. optò per l’ammissione delle squadre del centro-sud alla Prima Categoria, l’allora massimo livello del calcio italiano. Una serie di scissioni e di fusioni portò alla creazione di diverse squadre cittadine, nessuna delle quali riuscì mai a superare le eliminatorie meridionali.
La prima formazione del Napoli 1926/1927
Un giovane industriale napoletano di origine ebraica, Giorgio Ascarelli, con l’intento di riunire i sodalizi cittadini allo scopo di creare un club più competitivo, il 1° Agosto 1926 fondò l’Associazione Calcio Napoli, di cui divenne il primo presidente.
Terminata la seconda guerra mondiale, il Napoli prese parte alla Divisione Nazionale 1945/1946, vincendo il Girone Misto Centro-Sud e riconquistando la massima serie. Tornò in Serie B due anni dopo, retrocessa dalla CAF per illecito sportivo. La panchina venne affidata ad Eraldo Monzeglio, che riportò la squadra in Serie A. Nonostante i rinforzi apportati alla squadra dal proprietario Achille Lauro, tra i quali spiccavano Bruno Pesaola, Hasse Jeppson e Luís Vinício, il Napoli non andò oltre il quarto posto raggiunto nel 1952/1953 e nel 1957/1958. Nel 1959 venne inaugurato il nuovo stadio San Paolo.
L’era Ferlaino
Tornato in Serie B nel 1961, il Napoli venne affidato a Bruno Pesaola, il quale guidò gli azzurri al ritorno in massima serie e alla conquista del primo trofeo della loro storia, la Coppa Italia 1961/1962, divenendo insieme al Vado l’unica società ad averla vinta non militando in massima serie.
Questo successo, inoltre, offrì al Napoli la possibilità di esordire in una competizione UEFA, la Coppa delle Coppe, nella quale raggiunse i quarti di finale. Il 25 giugno 1964 il club assunse l’attuale denominazione di Società Sportiva Calcio Napoli, diventando contestualmente una società per azioni. Achille Lauro ottenne una quota rilevante delle azioni in virtù dei crediti vantati e garantì al figlio Gioacchino l’ingresso tra i soci, mentre Roberto Fiore venne eletto presidente. Alcuni dei giocatori più rappresentativi dell’epoca furono Dino Zoff, Antonio Juliano, Omar Sívori e José Altafini; il miglior risultato fu il secondo posto del 1967/1968. Nel frattempo il potere della famiglia Lauro sul club andava scemando: il 18 gennaio 1969 la società, sull’orlo del dissesto finanziario, passò nelle mani del giovane ingegnere Corrado Ferlaino, che avviò la più longeva e vincente presidenza della storia partenopea.
Grazie all’acquisto di calciatori come Sergio Clerici, Giuseppe Bruscolotti e Tarcisio Burgnich, il Napoli raggiunse due volte il terzo posto (1970/1971 e 1973/1974) e un secondo posto nel 1974/1975, questi ultimi due piazzamenti ottenuti grazie al calcio totale di Luís Vinício. Nel 1976 il club azzurro vinse la seconda Coppa Italia, superando in finale il Verona. Alterne fortune caratterizzarono la seconda metà degli anni settanta: nonostante l’acquisto del bomber Giuseppe Savoldi, il rendimento in campionato andò peggiorando, culminando con l’undicesimo posto del 1979/1980.
L’epoca d’oro
Diego Armando Maradona, centrocampista offensivo del Napoli 1984/1991
Dopo uno scudetto sfiorato nel 1981, con il libero olandese Ruud Krol tra i protagonisti, la svolta si ebbe nell’estate del 1984: il presidente Ferlaino, deciso a portare la società verso grandi traguardi, il 30 giugno 1984 definì l’acquisto del campione argentino Diego Armando Maradona dal Barcellona per la cifra record di 15 miliardi di lire.
Scudetto
Napoli Campione d’Italia 1986/1987 - 1989/1990
Sotto la conduzione tecnica di Ottavio Bianchi e grazie all’innesto di altri calciatori di notevole livello, tra cui Bruno Giordano, Salvatore Bagni, Claudio Garella e Alessandro Renica, il 10 maggio 1987 il Napoli conquistò il suo primo Scudetto,
primo club del Meridione continentale a riuscire nell’impresa, vincendo nel contempo anche la terza Coppa Italia.
Il sodalizio partenopeo si consolidò ai vertici del calcio italiano: forte di nuovi innesti come i brasiliani Careca e Alemão,
il Napoli arrivò per due volte consecutive al secondo posto (1987/1988, con il titolo nazionale perso sul filo di lana e con roventi strascichi polemici, e 1988/1989, alle spalle dell’Inter di Giovanni Trapattoni) e nel 1989 ottenne il primo alloro internazionale, la Coppa UEFA, superando nella doppia finale i tedeschi dello Stoccarda.
Nel 1990, con Alberto Bigon allenatore, il club partenopeo conquistò il secondo Scudetto, cui fece seguito la vittoria della Supercoppa italiana, ottenuta superando la Juventus di Maifredi per 5-1.
Si chiuse così il primo importante ciclo della storia azzurra, in coincidenza con le vicissitudini personali che nel 1991 costrinsero Maradona a lasciare Napoli e l’Italia.
Declino e rinascita
Negli anni immediatamente seguenti il Napoli ottenne discreti risultati, come il quarto posto del 1991/1992 con Claudio Ranieri in panchina e il sesto posto del 1993/1994, allenatore Marcello Lippi. La crisi finanziaria, tuttavia, constrinse il club a privarsi dei suoi uomini migliori: man mano vennero ceduti, tra gli altri, Gianfranco Zola, Daniel Fonseca, Ciro Ferrara e Fabio Cannavaro.
Nei due anni successivi, con Vujadin Boškov in panchina, il Napoli ottenne un settimo e un decimo posto.
Raggiunse la finale di Coppa Italia 1996/1997, venendo sconfitto per mano del Vicenza. Fu il canto del cigno: la crisi raggiunse l’apice nel 1997/1998, con l’ultimo posto in classifica e la retrocessione in Serie B dopo 33 anni consecutivi di massima serie. Il club azzurro ritornò in Serie A nel 2000, per poi retrocedere nuovamente dopo appena un anno. I cambiamenti societari, con l’entrata in società di Giorgio Corbelli prima e di Salvatore Naldi poi, non portarono benefici al club, con la squadra che ristagnò a metà classifica nella seconda serie italiana. Alla crisi di risultati si aggiunse l’ormai compromessa situazione finanziaria, che portò nell’estate del 2004 al fallimento del club ed alla conseguente perdita del titolo sportivo.
Nelle settimane successive l’imprenditore cinematografico Aurelio De Laurentiis rilevò il titolo sportivo dalla curatela fallimentare del tribunale di Napoli e iscrisse la squadra, con la denominazione Napoli Soccer, al campionato di terza serie. Soltanto sfiorata nel primo anno, la promozione arrivò nel torneo successivo sotto la guida di Edy Reja. Dopo aver riacquisito la denominazione originaria di Società Sportiva Calcio Napoli, volutamente non utilizzata nei due campionati di terza serie, nel 2007 il club partenopeo conseguì l’immediata promozione in Serie A, tornando dopo 6 anni di assenza In seguito alla guida della squadra si avvicendarono l’ex CT della Nazionale Roberto Donadoni, poi Walter Mazzarri, che dapprima condusse la squadra alla qualificazione diretta in Europa League (2010) la prima dopo 16 anni, quindi nel 2011 riportò il club nella massima competizione europea, la UEFA Champions League, 21 anni dopo l’ultima partecipazione, fino alla conquista della quarta Coppa Italia nella stagione 2011/2012.
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